La “società della comunicazione” nelle parole dei tredicenni di Bellaria Igea Marina
Appunti su cosa ne pensano un gruppo di 50 adolescenti che hanno partecipato alla sperimentazione.
Durante l’anno scolastico 2017/2018 è stato svolto, all’interno di alcune classi della scuola media di Bellaria, il progetto Silence Hate realizzato dal Centro Zaffiria.
Il progetto si proponeva di far riflettere i ragazzi, attraverso uno stile laboratoriale, sul significato che ha per loro la società della comunicazione e cosa comporta, a livello personale e sociale, vivere all’interno di questa. Sono state consegnate ai ragazzi delle schede sulle quali veniva chiesto loro di proporre una definizione di “società della comunicazione”. È interessante notare come gli studenti abbiano già un’idea chiara sul fatto che “società della comunicazione” sia luogo di relazione, significhi stare in relazione con gli altri, non solo di persona ma anche attraverso l’utilizzo di «apparecchi elettronici» e dei «social»:
- Una società di molte persone capaci di comunicare tramite il web.
- Una società dove le persone riescono a comunicare tra loro su internet o senza internet.
- Una società che comunica molto attraverso apparecchi elettronici.
- Una società dove si comunica senza l’utilizzo e obbligo di marchingegni elettronici.
- Una società che permette di relazionarsi con altre persone, non solo di persona ma anche attraverso i social.
- Una società dove si comunica con gli altri.
Inoltre sono consapevoli che ogni forma di comunicazione comporta l’uso di un certo codice linguistico, con le proprie regole, e che quindi anche la comunicazione via «social» ha un suo particolare modo di funzionare “significa comunicare con delle faccine e dei termini ristretti sui social”. Molti studenti hanno definito la società della comunicazione come quel luogo in cui è possibile trovare libertà di esprimersi e spazi di condivisione, o quanto meno lo rivendicano come tale quando si manifestano episodi che non rispecchiano le caratteristiche prima accennate:
- una società nella quale le persone comunicano tra loro per esprimere proprie idee e pareri
- ci permette di condividere le emozioni sui social verso gli altri;
- ognuno dovrebbe poter postare liberamente:
- poter comunicare online senza ricevere insulti o minacce.
Un’ altra caratteristica che si evince dalla descrizione degli studenti è che vivere in una società della comunicazione permette di connettere le persone, tramite web, più facilmente per svolgere varie attività. In particolare specificano che il web può essere di aiuto nella socializzazione e può essere strumento utile per la collaborazione:
- È un insieme di persone con gli stessi interessi, che collaborano tramite internet per un fine o semplicemente per chiacchierare fra loro (…).
- È un gruppo di persone che aiuta persone che hanno difficoltà a socializzare sia nel web e non.
- È un insieme di persone che si riescono a connettere in modo facile.
Inoltre si osserva come gli studenti sono ben consapevoli non solo delle opportunità ma anche dei rischi che possono incontrare vivendo in una società della comunicazione in cui l’uso dei mezzi di informazione e comunicazione è quotidiano:
- (…) se usata responsabilmente può essere utile. Se usata in malo modo si potrebbe incorrere a pericoli.
- (…) ci sono pure dei rischi.
- Una società in cui si può parlare e discutere dei problemi legati ai social.
Infine, è interessante capire come i ragazzi si vedono all’interno di questa società della comunicazione. Per loro, infatti, è il luogo di tutti i giorni, nel quale si sentono immersi , come parte integrante del tessuto di relazioni che avvengono quotidianamente.
Cosa si deve saper fare in questa società della comunicazione?
Dall’analisi delle definizioni degli studenti sono emerse due categorie principali di “saper fare”.
La prima categoria riguarda un “saper fare” più tecnico, specifico all’uso dei mezzi di comunicazione e informazione, avere quindi una certa competenza sull’uso delle tecnologie che si hanno a disposizione ma anche avere una certa consapevolezza riguardo alla tecnologia e all’uso responsabile che se ne deve fare:
- Saper mantenere la propria privacy sui social.
- Scaricare solo social adatti alla propria età.
- Non condividere foto o informazioni personali online.
- Riferirsi ad un adulto in caso di insulti e giudizi negativi ricevuti sui social.
- Non creare account falsi per spiare certe persone.
- Guardare e seguire solamente le persone più vicine alla propria età.
- Non costringere persone a pubblicare cose private.
- Non obbligare persone a partecipare a giochi pericolosi tipo la Blue Whale.
- Non hakerare account altrui.
- Non abusare del fatto di poter dire ciò che si vuole.
- Non socializzare con persone sconosciute attraverso messaggi.
- Non postare foto che possono essere offensive per gli altri.
- Bisogna stare attenti a mostrare dati personali e immagini ad un pubblico che non si conosce.
- Saper utilizzare apparecchi elettronici.
- Sapere con chi si parla.
- Non passare troppo tempo davanti ad apparecchi elettronici.
- Essere consapevoli dei rischi a cui si va incontro utilizzando internet.
- Non stalkerare le persone.
- Non giudicare la persona da come si mostra sui social.
- Essere coscienti di quello che si sta per fare.
- Non dare giudizi sgradevoli e insulti a persone sui social.
La seconda categoria riguarda invece un “saper fare” relazionale, avere cioè quelle competenze sociali e relazionali che permettano di vivere la società della comunicazione in modo più cosciente, consapevole, responsabile e attivo:
- Saper esprimersi apertamente con tutti.
- Saper essere consapevoli delle proprie azioni.
- Essere capaci di non vergognarsi quando si parla dei propri problemi.
- Saper collaborare in modo utile.
- Saper rispettare le regole sia nella vita reale sia nel web.
- Saper aiutare le persone in difficoltà.
- Non essere egoista.
- Porta rispetto per le persone che in qualche modo provano ad aiutarti.
- Non evitare argomenti difficili perché potrebbero aiutarti.
- Non vergognarsi ad esprimere ciò che si pensa.
- Saper ascoltare gli altri e i loro consigli.
- Potersi esprimere direttamente con una persona.
- Non utilizzare i social per comunicare con gli altri.
- Quando si parla con gli altri bisogna capire come si sentono per poi relazionarsi nel modo corretto.
- Cercare con il dialogo di stringere e rafforzare i rapporti con le persone che sono al tuo fianco senza perdere tempo sui social per poi rischiare di perdere chi c’è al tuo fianco.
- Bisogna coinvolgere tutti.
- Bisogna porsi degli obiettivi e cercare di rispettarli.
- Rispettarsi a vicenda per vivere meglio e per una buona socializzazione.
- Saper comunicare anche con persone che parlano altre lingue.
- Non imporre le proprie idee.
- Condividere.
- Confrontarsi.
- Rispettare le leggi.
- Non escludere nessuno.
Dopo questa prima fase di riflessione più generale e di contesto, si è lavorato sulle parole che usano sui social in base alle seguenti “categorie”: parole che costano tanto, parole come pioggia, parole che non pesano niente, parole di sabbia, parole sassi, parole ponte, parole cemento armato, parole nuvole, parole fatte di nebbia, parole specchio, parole spinose. Ogni studente ha inteso queste categorie in modo personale, seguendo il proprio punto di vista e, a secondo del tipo di esperienze vissute, hanno scritto negli appositi spazi, le parole che hanno detto sui social o che loro stessi hanno ricevuto.
Nelle “parole che costano tanto” sono state inserite parole o frasi che si alternano da un opposto all’altro, ovvero da parole profonde, importanti, che non si dicono con leggerezza e superficialità, e che dimostrano affetto e rispetto per la persona, a parole di odio e disprezzo nei confronti dell’altro: ti amo, sei molto importante per me, non conti niente per me, parolacce, bestemmie, insulti, ti odio, ti voglio bene, ci tengo a te, stupido, sei bella, vorrei che sparissi dalla faccia della terra, scusa, mi piaci, sei la parte migliore di me, non ti voglio più vedere, sei la mia vita…
Anche le “parole cemento armato” presentano questa caratteristica, ovvero in questa categoria ci sono sia parole “belle”, positive, che richiamo all’amore sia parole di disprezzo che insultano l’altro attraverso offese, parolacce, ecc.. . Questo accade per il diverso significato simbolico che viene dato dai ragazzi a questa categoria: possono essere parole così importanti da essere per loro pesanti come cemento armato che non riescono a dire facilmente o parole offensive così forti che è difficile poi togliersi il loro peso di dosso: ti amo, sei speciale, senza te non vivo, ti odio, non sarai mai abbastanza, ciao, come stai, tutto bene?, non fai per me, non sei capace, ti voglio bene, non me ne frega niente, fatti i cavoli tuoi, fai schifo, sei brutto, vergognati di cosa sei e cosa fai, ti considero un amico, hai rotto, vattene, lasciami stare, per noi è finita, sei inutile, ucciditi, non mi piaci.
Nelle “parole che non pesano niente” sono state inserite anche le emoji che usano per chattare, a voler significare che probabilmente l’uso che ne fanno è indiscriminato e che a volte è più semplice comunicare un pensiero, un concetto, per simboli e immagini piuttosto che esprimersi a parole. Altre parole inserite sono: ciao, ok, va bene, a dopo, è?, cosa?, bello, cosa fai? Quindi parole che usano quotidianamente nelle loro conversazioni. Ci sono infine alcune parole che richiamano ancora il disprezzo per la persona, usate in modo pericolosamente scherzoso, senza dare troppo peso a ciò che viene detto: infame, ti odio, sei stupido, oppure le parolacce.
Le “parole come pioggia” sembrano indicare frasi di delusione, indifferenza, rabbia: vai via, mi hai deluso, non ti parlo più, ciao, devo andare, grazie, non ti voglio, vattene, sei troppo sicuro di te, sei pesante, mi fa piangere, ciao, ok.
Nelle “parole ponte” ci sono tutte quelle frase che cercano di instaurare una comunicazione tra le persone, di creare relazioni, legami, ponti fra le persone: come va?, che fai?, come stai?, ciao, pronto?, grazie mi sei stato di aiuto, ok, parliamo di qualcosa, ti vorrei conoscere, hey, scusa, facciamo pace?, sei un vero amico, mi dispiace…
Le “parole sassi” inserite dai ragazzi, sembrano essere invece delle vere e proprie “armi” che feriscono la persona che le riceve: non me ne frega, lasciami stare, non ho bisogno di te, ti odio, vai via dalla mia vita, mi stai antipatico, non sei al suo livello, non mi piaci, fai schifo, devi morire, ciccione, ti vesti male, muori, insulti, non parlarmi mai più, vattene…
La stessa cosa accade per le “parole spinose”, parole che se ricevute possono pungere e far male: fai schifo, non capisci nulla, non servi a niente, vattene, prese in giro, bugie, sei inutile, no, sei scemo, sei antipatico, non ti sopporto più, sei brutto, non ti sopporto, sei scarso, non sai fare niente, sei pesante.
Nelle “parole di sabbia” troviamo frasi che richiamo indifferenza, falsità e fraintendimenti: siamo in troppi, mi dispiace sei escluso, lascio stare, non preoccuparti, vai tranquillo, lasciami stare, amicizie false…
Le “parole nuvole” inserite dai ragazzi, richiamano l’idea di parole nascoste, di non detti, bugie, falsità ma anche di qualcosa di momentaneo e passeggero: ti voglio bene, mi manchi, sei carino, si (ma vorrebbe dire no), mi piace molto il tuo disegno (anche se è brutto), stai benissimo (sei orrendo non ti sta bene), non rompermi, illusione, emoji.
Nelle “parole fatte di nebbia” i ragazzi hanno inserito quelle parole che spesso si usano per promettere qualcosa ma che poi non vengono mantenute: ti prometto che, non preoccuparti ci penso io, fidati, contaci. Hanno poi inserito parole che sembrano richiamare ad un’apatia generale: non ho voglia, no, non mi interessa, non mi stressare.
Le “parole specchio” scritte dagli studenti mostrano la ricerca di sostegno, supporto da parte del gruppo di amici oppure ricerca di approvazione: sei simpatico, pure te, tu per me conti tanto, sono triste, ho bisogno di supporto, pronto, come va , sei libero oggi? Hanno poi inserito parole, di disprezzo o di affetto, che dicono agli altri anche se poi non riflettono la realtà: sto bene, ti amo, ti odio, non ci tengo a te, siamo uguali, anime gemelle.
Per concludere la riflessione sulla società della comunicazione, come ultimo passaggio, è stato chiesto agli studenti di pensare quali, delle parole inserite nelle varie categorie, usano di più e di riscriverle nell’apposito spazio. Da questo ultimo elenco si evince che usano spesso parole che dimostrano sentimenti di amore come ti amo, ti voglio bene, sei tutto per me, ti prometto, mi manchi ma anche parole che esprimono sentimenti di rabbia e che possono portare a discussioni: non mi interessa, non sei capace, sei stupido, lasciami stare.